martedì 18 marzo 2008
L'Italia sempre più indietro...
Mentre la maggior parte dei paesi d'Europa hanno una analisi e una legislazione sul "renta basica", sul reddito minimo,che sia in forme deboli o forti, l'Italia non ne parla nemmeno all'alba delle elezioni politiche:
ecco di seguito alcuni stralci del programma del Partito Democratico e della Sinistra Arcobaleno sulla riforma del welfare:
Dal programma del partito democratico:
<< Uno Stato Sociale universalistico, fatto di nuovi ammortizzatori sociali e servizi pubblici efficienti, che aiuti tutti a camminare con le loro gambe. Educazione alla cittadinanza e sostegno al servizio volontario civile e militare.
5. Un nuovo patto tra generazioni, imperniato sull'investimento in conoscenza, ricerca, innovazione tecnologica. L'educazione è il principale ascensore sociale.
6. STATO SOCIALE: PIÙ EGUAGLIANZA E PIÙ SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA, PER CRESCERE MEGLIO
3. Sperimentazione di un compenso minimo legale fissato in via tripartita (parti sociali e governo), per i collaboratori economicamente dipendenti (con l'obiettivo di raggiungere 1000/1100 euro netti mensili). Va verificato con le parti sociali se questo minimo possa essere esteso a quei lavoratori dipendenti che non godono di adeguata protezione da parte della contrattazione collettiva. In tal modo il compenso minimo si configura come rete di protezione di ultima istanza anche nei confronti dei minimi contrattuali.>>
Dal programma della sinistra arcobaleno:
<< SALARIO MINIMO LEGALE, AUMENTARE LE RETRIBUZIONI,
RICONOSCERE EFFICACIA GENERALE AI CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DI LAVORO
Negli ultimi anni la ricchezza prodotta è stata spostata sulle rendite finanziarie, a scapito dei
salari, introducendo così nel nostro paese una nuova “categoria”: la lavoratrice e il lavoratore
poveri.
(...)
I più penalizzati sono i giovani e i lavoratori con contratti precari, costretti a subire frequenti
periodi di non lavoro.
Mentre le retribuzioni medie italiane sono più basse di quelle percepite nei maggiori paesi
europei, la tassazione delle rendite finanziarie nel nostro paese è di molto inferiore a quella del
resto d’Europa.
Questo quadro si può modificare. Pensiamo, quindi, che per contrastare la frammentazione
delle regole del mercato del lavoro e combattere i bassi salari sia indispensabile oggi affrontare il tema del salario minimo e connetterlo con quello dell’efficacia generale dei contratti di lavoro.
La Sinistra l’Arcobaleno propone di dare piena attuazione all’articolo 36 della
Costituzione italiana stabilendo per legge un’adeguata retribuzione minima, che sia il
risultato della media fra quelle previste dai contratti nazionali e dalla contrattazione
aziendale o territoriale, pari per l’anno 2008 a circa euro 8 lordi all’ora.
Tale retribuzione oraria va definita in maniera tale da assicurare una retribuzione
mensile netta per un rapporto a tempo pieno di 1000 euro. Il salario minimo legale
dev’essere pienamente indicizzato con cadenza annuale rispetto al tasso di inflazione
reale e va accompagnato da sanzioni – anche di carattere penale – contro eventuali
violazioni. Il salario minimo legale è destinato ad operare come base di sostegno della contrattazione collettiva e, dunque, solo laddove non risultino applicati contratti
collettivi o nelle situazioni in cui i livelli salariali divengano insufficienti a causa dei
ritardi nel rinnovo dei contratti.>>
p.s: chi volesse giocare a "trova le differenze" o fosse curioso di capire se il programma propone altre soluzioni per combattere la precarietà esistenziale e nel lavoro degli individui in questo paese e che la parzialità sia dovuta alla faziosità dell'autore, ecco a voi i qui i link dei due programmi:
http://www.sinistrarcobaleno.it/il-programma/
http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?id_doc=45296
un consiglio: leggeteveli!
lunedì 17 marzo 2008
qualcosa si muove...
Comunicato stampa della Regione Lazio
Assemblea dell'UdU alla Sapienza - Tibaldi:"Coniugare la lotta alla precarietà con i nuovi bisogni dei giovani"
“Come Regione – ha detto ancora – siamo sensibili ai bisogni emergenti dalle giovani generazioni. Penso, in primo luogo, all’accesso al sapere come forma indispensabile dello sviluppo di una società civile ed alla tutela del lavoro immateriale, che deve essere sempre più sviluppato. La politica ha il dovere di rispondere in modo adeguato alle richieste dei giovani”.
“Gli studenti, – ha continuato – che sono la futura classe dirigente del Paese, devono essere garantiti nei loro diritti basilari: il reddito di cittadinanza, il diritto alla casa e la formazione costruttiva come risposta reale all’inserimento lavorativo, anche in ambiti professionali altamente qualificati”.
Su richiesta dei giovani, che si sono congratulati con l’assessora per “essere stata la prima esponente della Giunta Regionale ad aver incontrato gli studenti”, Tibaldi ha poi assicurato che farà “quanto possibile per poter ottenere l’utilizzo degli immobili regionali inutilizzati, da destinare a residenze studentesche”. L’incontro, a cui ha partecipato anche una delegazione della CGIL, si è concluso con la promessa, da parte dell’Assessora, di incontrare nuovamente il sindacato studentesco “per poter estendere il discorso del reddito sociale garantito verso un’ipotesi di reddito di formazione”.
martedì 11 marzo 2008
FINALMENTE LA PAROLA AGLI STUDENTI!
Da domani avremo finalmente la possibilità di integrare la proposta di legge sul reddito(che presto pubblicherò!), insufficiente per molti punti di vista, a cominciare dal fatto che tagliava completamente fuori gli studenti e le studentesse. Al contrario invece, ho sempre creduto che oggi si debba affrontare un ragionamento complessivo sul welfare che tenga dentro tutti, dai lavoratori dipendenti ai lavoratori a progetto, ai sempre più numerosi studenti lavoratori. Ancora una volta la Regione avrebbe invece voluto mantenere inalterato il welfare locale facendo solo qualche aggiustamento e per di più propinare la tanto pubblicizzata carta giovani come risposta alla richiesta di autonomia sociale degli studenti. E' evidente che questo non è più sufficiente e che sempre più si fa urgente un rivisitazione complessiva e radicale a cominciare dal vero e proprio ricatto chiamato "prestito d'onore", all'insufficienza di copertura delle borse di studio e all'esclusività dei costi degli affitti a Roma, sino alla totale assenza di diritto che vivono molti studenti lavoratori, per non parlare dei costi di accesso alla cultura nel paese con il maggior valore artistico-architettonico del mondo!
Abbiamo quindi ottenuto la convocazione di un tavolo di lavoro sulla legge entro 15 giorni da oggi e una audizione con il presidente del consiglio regionale. Credo che in un mese otterremo le prime risposte.
Al di là di questi risultati, un ragionamento più generale per le condizioni in cui versa il nostro paese va fatto. Ovviamente il fatto che ogni regione promuova il suo modello di welfare regionale non significa che progrediamo in una precisa direzione. Così non è stato per le leggi sul diritto allo studio regionale così non lo sarà per il renta basica. Dobbiamo avviare fin da oggi una riflessione verso un proposta nazionale di nuovo stato sociale, ispirandoci tanto alle proposte avanzate del Common Fare di Fumagalli quanto alle esperienze regionali più efficienti e inclusive.
Per questo credo che si debba creare un cammino virtuoso di riflessione e condivisione di pratiche che porti a delle proposte concrete e forti politicamente. Oggi penso che in questa regione si sia fatto un passo seppur piccolo ma nella giusta direzione; spero che sia avvii al più presto una discussione in merito. Nel frattempo vi segnalo due cose: la prima è che ben presto contiamo di promuovere una assemblea politica sul tema coinvolgendo chi si candida alle prossime elezioni e chiedendo loro risposte forti; la seconda è che si è proprio oggi aperta una piattaforma multimediale di studio e ricerca sul welfare e sul reddito il cui indirizzo è http://www.openplans.org/projects/new-welfare/project-home
a cui ognuno può partecipare portando il proprio contributo (appena vi saranno maggiori informazioni a riguardo le pubblicherò sicuramente!).
mercoledì 5 marzo 2008
la massima delle 23.46...
(V.I. Lenin, Federico Engels, Marxist Internet Archivi, 2000)
venerdì 29 febbraio 2008
Hasta la doccia, baby
Riporto una lettera scritta ad un giornale molto seguito da una parte della "moltitudine precaria". Ho deciso di postarla perchè dopo l'iniziale sconcerto e la successiva ilarità ho pensato a quanto la lettera possa essere quasi paradigmatica di una determinata condizione. Valutate voi.
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"Caro ....." Ho un rituale mattutino che sento di dover condividere con voi. Lo chiamo "il Terminator". Prima mi accovaccio nella doccia nella classica posa da "terminator nudo che viaggia nel futuro". Rimango accovacciato con gli occhi chiusi per un minuto, visualizzando Arnold o anche il tipo del secondo film e comincio a a canticchiare la colonna sonora di Terminator. Poi mi alzo in piedi lentamente e apro gli occhi. Questo mi aiuta ad andare aventi nella giornata come sefossi un fottuto cyborg figlio di puttana senza sentimenti. (grassetto mio). L'unico problema è quando la tenda della doccia si appiccica alla mia gamba bionica.
giovedì 28 febbraio 2008
Siamo una moltitudine precaria
Ebbene, siamo tutti precari non è solo uno sloogan sinistroide ne qualcosa che riguarda solo i dignitosissimi lavoratori a contratto nei call-center, ma piuttosto un fatto storico ineluttabile. Una precarietà che riguarda tutti, universale, e che pervade ogni frammento della nostra vita. La precarità è un dato strutturale dell’attuale sistema economico. Precarietà e moltitutdine sono facce della stessa medaglia . Moltitudine intesa proprio come la frammentazione a cui è soggetta l’attività lavorativa non solo a causa dei rapporti di forza sfarevoli ma soprattutto a causa di una molteplicità e differenziazione che parte dall’uso e dallo sfruttamento delle individualità di cui ogni persona è latrice.
In quello che viene chiamato capitalismo cognitivo sono le differenze- e non più la differenza- a costituire la forza lavoro cognitiva dell’attuale fase capitalistica . Ed è proprio lo sfruttamento di tali differenze e la loro declinazione materiale a definire le nuove forme del rapporto capitale lavoro. Mobilità e indifferenziazione dell’individualità sono gli ingredienti che favoriscono il processo di individualismo contrattuale e lavorativo che sta alla base della condizione soggetiva di precarietà. Quindi è proprio il caso di parlare di moltitudine precaria.
A differenza del passato sistema di produzione-accumulazione fordista-taylorista, oggi non è più quindi individuabile una classe di lavoratori, accumunabili dalle stesse istanze e dagli stessi bisogni. Qualsiasi politica sociale si deve quindi necessariamente scontrare con la problematica di come la moltitudine possa essere rappresentata e diventare soggetto politico in grado di implementare un cambiamento sociale, in grado di siglare un nuovo patto sociale. Così come nel secolo scorso i lavoratori riuscirono ad ottenere un compromesso con il capitale e lo stato che faceva da garante.
Ma oggi come rappresentare qualcosa che è ontologicamente non immediatamente rappresentabile?come è possibile trovare un comun denominatore tra le centinaia, forse migliaia di tipologie contrattuali e di lavoro?La ricomposizione della soggettività precaria è possibile?
Sappiamo che la precarietà è un modo per far perdurare una situazione di sfruttamento e di comando nell’ambito del rapporto capitale lavoro, quindi come è in qualche modo un fenomeno ineliminabile nell’attuale fase capitalistica.
Precarietà che, come anticipato, assume una dimensione esistenziale, dalla culla alla bara, influendo sui processi di apprendimento, sulla possibilità di sviluppare general intellect, sulle capacità relazionali, e di far rete. Fenomeno che tra l’altro scoraggia l’individuo a ritagliarsi spazi di libertà per l’agire politico, per domandarsi e provare a rispondere.
Per raggiungere un nuovo compromesso sociale sarebbe neccesario d’altronde un garante istituzionale , come lo stato lo era nel novecento. Ma nel capitalismo cognitivo lo stato nazionale è sempre più impedito ad attuare politche economiche autonome per l’elevato grado di internazionalizzazione della produzione e per il ruolo svolto da mercati finanziari sempre più globalizzati. Esso deve far i conti con una nuova gerarchia imperiale (vedi Negri), esito di una divisione del lavoro più cognitiva che funzionale.
Perché si verificano quindi le possibilità di un nuovo patto sociale si devono quanto meno verificare tre condizioni:
-definizione di uno stato sovrannazionale (il che potrebbe essere incarnato dall’Europa stessa);
- una politca redistributiva che parta dalla considerazione che oggi la remunerazione del lavoro è remunerazione della vita, in quanto è essa stessa la base della crescita della produttività ;
- ma soprattutto la messa in moto di istanze politiche e sociali che implicano processi di ricomposizione del lavoro, quindi nuove forme di rappresentanza sociale;
Quale soluzione possibile?
Un alternativa è data dal contratto di reciproca solidarietà : ovvero lo sviluppo di rapporti sociali che tengano conto degli effetti che ciascun comportamento individuale può causare al suo prossimo.
Inoltre si presuppone l’individuazione di obbiettivi comuni che stanno alla base di un insieme di leggi e regolamenti che una collettività, o meglio una comunità, è in grado di esprimere.
Ma, ancora, la moltitudine precaria potrebbe diventare una comunità? Potrebbe esserlo se fosse in grado di creare processi di ricomposizione delle proprie soggettività al di sopra delle specifiche e differenziate condizioni di lavoro.
A tal fine è fondamentale individuare un linguaggio comune comprensibile da parte di tutti, si tratta di individuare una pratica comune.
Si può ritenere che la richiesta di un reddito di esistenza indipendente dal lavoro sia lo strumento più idoneo per favorire almeno in potenza un processo di ricomposizione che vada al di là delle condizioni materiali di lavoro?Ma soprattutto, le pratiche sindacali possiamo considerarle ancora idonee ad individuare tali soluzioni?
ai posteri una lunga riflessione....
note bibliografiche:
"Bioeconomia e capitalismo cognitivo", Andrea Fumagalli
www.infoxoa.org sezione "reclama reddito"
mercoledì 27 febbraio 2008
per cominciare....
Una introduzione quella che ho scelto per il primo post che mi sembra inquadri perfettamente alcune grandi questioni che oggi appassionano molti studiosi e purtroppo troppo pochi politici. Argomenti, quelli del prof Fumagalli, che evidentemente toccano ogni campo del sapere e del vivere umano, dal modo in cui si è riorganizzata l'impresa capitalistica e quali siano le nuove forme di valorizzazione del capitale alle nuove forme di sfruttamento e alienazione delle soggettività messe al lavoro.
Quanto si possa discutere su tali argomenti è dato dalla quantità di analisi e proposte emerse negli ultimi anni: dal capitalismo cognitivo all'abbattimento dei primi steccati della proprietà intellettuale alle proposte dello stesso Fumagalli (nelle ormai vecchiotte "dieci tesi sul reddito di cittadinanza") sul reddito e sul recente "Commonfare".
L'intenzione di aprire una discussione, oggi 27 febbraio 2008, seppur digitale, è la conseguenza di un sentimento forte di insoddosfazione rispetto a come le recenti discussioni sulla politica di questo paese ( e in generale sulle dinamiche politico-economiche globali) stanno evolvendo. Da anni condivido con molti dei ragionamenti preziosi non solo sulle questioni di fondo che introduce molto bene lo stesso prof F., ma innanzitutto su come rispondere e reagire ad uno stato emergenziale in cui versano le nostre città, l'istruzione a tutti i livelli, la nostra carta dei diritti civili, sociali e politici...condizioni che oramai colpiscono molti e a più livelli. Soprattutto nel nostro paese
i partiti e le coalizioni politiche che si apprestano ad andare ad elezioni tra pochissimo tempo, non sembrano aver colto le giuste parole d'ordine...quelle che noi senza presunzione possiamo identificare con i problemi che viviamo tutti i giorni.
Ma c'è un'altra questione, strettamante legata alla prima a doppio filo, che è la mancanza totale di spazi fisici e non di partecipazione e autogestione sociale e civile. Mancanza che sta demolendo la stessa figura del cittadino, come soggetto portatore di diritti e protagonista consapevole e potenzialmente attivo nella sua comunità di riferimento.
Un problema che, credo, si stia ripercuotendo a grandi frequenze al mondo della politica ma sopratutto del sindacato, organizzazioni sempre meno sociali e sempre meno rispondenti alla loro missione primitiva.
Ma questi problemi, così brevemente accennati, fanno parte della grande sfida che dobbiamo affrontare: ragionare su cosa significa bioeconomia e quanto questa determini un nuovo paradigma nella lettura delle nostre vite, come rispondere a tutti quei problemi che riguardono da vicino le nostre vite di studenti, lavoratori precari o solamente precari e come è possibile organizzare una risposta a quseti problemi: il sindacato? il partito? o qualcosa di diverso...qualcosa che sino ad ora non è stato scritto su nessun libro o blog...
spero questa "scintilla" serva a qualcosa, nel caso contrario vi ringrazio comunque dell'attenzione.